Territorio e Architettura
La cantina in oggetto nasce dall’esigenza di inserire un manufatto edilizio che fosse funzionale al processo enologico richiesto e al tempo stesso di pregio architettonico. L’ambiente in cui si è dovuto operare presenta rare qualità ambientali e paesaggistiche: I territori di Refrontolo e dintorni sono infatti caratterizzati da una varietà di colori, scorci visuali, variazioni architettoniche tali da suggerirne la candidatura presso L’Unesco come “Patrimonio dell’Umanità”.
In questo contesto si è svolto il nostro lavoro.
Si è partiti dallo schema enologico pensando e sviluppando un sistema di lavoro funzionale, moderno e razionale che sfruttasse per quanto possibile una lavorazione delle uve per gravità, dato che il sito con le sue pendenze naturali rendeva possibile l’inserimento di un manufatto organizzato su due distinti livelli.
Certamente i vincoli ambientali-paesaggistici hanno influito molto sulle scelte progettuali: ad esempio l’esistenza di un “cono visuale” ha condizionato il rapporto tra volumi nascosti ed emergenti; si è optato infatti per una soluzione mista, nella quale la copertura della cantina diviene unico e principale strumento della composizione architettonica. Se è vero che Refrontolo presenta un territorio di rara bellezza, è altrettanto vero come tale ambiente sia il risultato di innumerevoli modificazioni apportate dall’uomo nel corso dei secoli.
In un territorio fortemente antropizzato, la scelta di far percepire l’oggetto architettonico risulta essere in perfetta sintonia con l’intorno.
Da qui la volontà di richiamare formalmente i pendii ritmati e scanditi da improbabili filari di vitigni: la copertura stessa diviene quindi riverbero, suggerimento, spunto di riflessione sull’origine del territorio in cui si trova, un eco dei terrazzamenti che solcano e segnano la vista, mutevoli come mutevole è la geografia del luogo in costante modificazione geologica.
Pensiero: inserire un oggetto formalmente figlio del territorio in cui si trova e allo stesso tempo capace di far scaturire una riflessione al visitatore.
Questo aspetto si è dimostrato centrale: la richiesta di progettare una cantina di vinificazione dove il prodotto conferito dovesse essere portato in sede centrale a fine fermentazione per mezzo di autotreni da 300hl, unito alla volontà di evitare l’ottenimento di un impianto “prettamente industriale” ci hanno portato a riflettere molto sulla natura della viabilità di cantina e sul rapporto tra fronte dell’edificato e planimetria emersa: ora sarà possibile percorrere la strada principale posta a monte, godere della particolarità del progetto, percepire come ci sia stata la volontà profonda di unire architettura e natura soprattutto nella copertura dove questi due elementi si intrecciano vincendo alternativamente l’uno sull’altro, senza incappare nell’errore di percepire un mezzo di trasporto “fuori scala” come un autotreno.
Il messaggio che si vuole dare è altro.
Il messaggio che si vuole dare è che la possibilità di lavorare in un corretto rapporto con la natura che ci circonda è possibile, senza forzatamente scegliere di sopraffarla, ma evitando allo stesso tempo azioni retrograde per sensibilità ed approccio tecnologico.
La visita continua con un percorso interrato, dove la volontà progettuale è quella di richiamare le “radici”, gli elementi “fondanti” del progetto: il percorso arriverà infatti a sfociare nel mezzo del vigneto sottostante dove si percepisce un rapporto molto intimo e particolare: l’osservatore attento si sentirà anello centrale della catena che unisce uomo e natura. Il posto perfetto dove degustare un vino, dove di toccare con mano i grappoli maturi rivolti al sole e dove sarà possibile trasmettere come il vino nasca innanzitutto dall’amore per la terra e da ciò che essa riesce a dare.
In questo contesto si è svolto il nostro lavoro.
Si è partiti dallo schema enologico pensando e sviluppando un sistema di lavoro funzionale, moderno e razionale che sfruttasse per quanto possibile una lavorazione delle uve per gravità, dato che il sito con le sue pendenze naturali rendeva possibile l’inserimento di un manufatto organizzato su due distinti livelli.
Certamente i vincoli ambientali-paesaggistici hanno influito molto sulle scelte progettuali: ad esempio l’esistenza di un “cono visuale” ha condizionato il rapporto tra volumi nascosti ed emergenti; si è optato infatti per una soluzione mista, nella quale la copertura della cantina diviene unico e principale strumento della composizione architettonica. Se è vero che Refrontolo presenta un territorio di rara bellezza, è altrettanto vero come tale ambiente sia il risultato di innumerevoli modificazioni apportate dall’uomo nel corso dei secoli.
In un territorio fortemente antropizzato, la scelta di far percepire l’oggetto architettonico risulta essere in perfetta sintonia con l’intorno.
Da qui la volontà di richiamare formalmente i pendii ritmati e scanditi da improbabili filari di vitigni: la copertura stessa diviene quindi riverbero, suggerimento, spunto di riflessione sull’origine del territorio in cui si trova, un eco dei terrazzamenti che solcano e segnano la vista, mutevoli come mutevole è la geografia del luogo in costante modificazione geologica.
Pensiero: inserire un oggetto formalmente figlio del territorio in cui si trova e allo stesso tempo capace di far scaturire una riflessione al visitatore.
Questo aspetto si è dimostrato centrale: la richiesta di progettare una cantina di vinificazione dove il prodotto conferito dovesse essere portato in sede centrale a fine fermentazione per mezzo di autotreni da 300hl, unito alla volontà di evitare l’ottenimento di un impianto “prettamente industriale” ci hanno portato a riflettere molto sulla natura della viabilità di cantina e sul rapporto tra fronte dell’edificato e planimetria emersa: ora sarà possibile percorrere la strada principale posta a monte, godere della particolarità del progetto, percepire come ci sia stata la volontà profonda di unire architettura e natura soprattutto nella copertura dove questi due elementi si intrecciano vincendo alternativamente l’uno sull’altro, senza incappare nell’errore di percepire un mezzo di trasporto “fuori scala” come un autotreno.
Il messaggio che si vuole dare è altro.
Il messaggio che si vuole dare è che la possibilità di lavorare in un corretto rapporto con la natura che ci circonda è possibile, senza forzatamente scegliere di sopraffarla, ma evitando allo stesso tempo azioni retrograde per sensibilità ed approccio tecnologico.
Passione vino architettura
Il visitatore infatti arrivando dall’ingresso posto a monte ha la possibilità di godere di uno scorcio visuale di rara bellezza, può entrare in cantina senza perdere il rapporto con il territorio circostante godendo sia della vista sui vigneti sia sull’impianto tecnologico di trasformazione delle uve. Il solaio intermedio assolve infatti a molteplici funzioni: scarico uve, accesso a tutta l’area di fermentazione e ingresso agli uffici, sala degustazione.La visita continua con un percorso interrato, dove la volontà progettuale è quella di richiamare le “radici”, gli elementi “fondanti” del progetto: il percorso arriverà infatti a sfociare nel mezzo del vigneto sottostante dove si percepisce un rapporto molto intimo e particolare: l’osservatore attento si sentirà anello centrale della catena che unisce uomo e natura. Il posto perfetto dove degustare un vino, dove di toccare con mano i grappoli maturi rivolti al sole e dove sarà possibile trasmettere come il vino nasca innanzitutto dall’amore per la terra e da ciò che essa riesce a dare.
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